Ciao e benvenuti su UndergroundZine, iniziamo con alcuni cenni biografici…..
Paolo: Ciao e grazie per lo spazio. I Wormhole nascono nell'ormai lontano 2003. Il gruppo si è subito impegnato nella composizione di brani propri, producendo successivamente due EP, il primo omonimo del 2004, ed il secondo intitolato "Longing for darkness" del 2007. Da poco abbiamo pubblicato il nostro primo full length dal titolo "The String Theory" con 9 brani inediti. Si tratta di un lavoro che rappresenta pienamente la stratificazione di suoni e suggestioni che il gruppo vuole trasmettere.
Come mai avete scelto questo nome Wormhole?
Paolo: Come mi è già capitato di raccontare, appena formato il gruppo eravamo in cerca di una metafora che potesse rappresentare i nostri diversi stili e influenze musicali che cercavamo di amalgamare. Il suggerimento venne da un nostro amico che ci introdusse a questo concetto affascinante: un passaggio in grado di unire punti del cosmo lontani nello spazio e nel tempo. Era quello che stavamo cercando. Questa idea, diventata il manifesto dell'evoluzione del nostro suono, fu anche di ispirazione per il brano "Wormhole" che, appunto, raccontava di un viaggio disperato verso universi lontani e inesplorati ed il ritorno dopo un'esperienza ai limiti della conoscenza: un tributo a Arthur C. Clarke.
Quali sono le vostre influenze principali? E a quali gruppi?
Paolo: Con questi presupposti è evidente che ognuno di noi porta il proprio bagaglio di idee ed ascolti nei Wormhole. Senza citare i gruppi che mi hanno influenzato, posso dire di muovermi su coordinate molto eterogenee: dal progressive anni '70, all'elettronica, al gothic rock delle origini e più moderno. Senza dimenticare un tocco di punk/hc nostrano…
Avete avuto altre esperienze musicali prima di formare i Wormhole?
Paolo: Sì, certamente. Con Francesco abbiamo suonato per lungo tempo in vari gruppi. L'esperienza più importante è quella con gli Heartfield, con cui abbiamo pubblicato in un arco di tempo che va dal '96 al 2001 due demo tape, un 7" per l'etichetta barese "Cracks in the sidewalk", un live registrato durante il nostro tour del 2000 ed un CD. Il gruppo, anche se attualmente in pausa, ha pronto materiale per un prossimo CD che probabilmente registreremo nel corso di quest'anno.
Qual è stata la reazione della critica di fronte al vostro cd “The string theory”, i riscontri da parte delle redazioni sono stati buoni?
Francesco: La fase promozionale è appena iniziata, e abbiamo già ricevuto i primi riscontri. Per il momento, la critica si è divisa tra un giudizio che descrive la band come derivativa del sound gothic metal internazionale, e un’analisi che riesce ad andare oltre le apparenze e a rilevare le diverse influenze che interessano il sound dei Wormhole. Personalmente, non amo il fatto che il gruppo venga etichettato come gothic metal tout court, poiché tra l’altro le band del genere non costituiscono che una piccola parte del mio personale background, e sono invece molto legato alla definizione da me coniata agli albori della nostra esperienza musicale: post/dark. Un’etichetta che unisce la passione per quanto è “post”, sia nel punk rock che nel metal, con il sapore oscuro ravvisabile in riff di chitarra sabbathiani e in arpeggi che raccolgono l’eredità della tradizione wave e post/punk, sia italiana che internazionale.
Qual è il messaggio che volete dare all’ascoltatore? I testi di cosa trattano?
Francesco: Lungi da considerarci i nuovi profeti di una qualche filosofia universale, è evidente che la scelta testuale prende le mosse dal concetto del rapporto dell’essere umano con il multiverso, e con le varie possibilità presentate dal concetto di dimensioni parallele. Quanto appare bianco a un’estremità del wormhole, si capovolge inesorabilmente e diventa nero sul lato opposto del tunnel dimensionale, e viceversa. Nello specifico, testi come “Autumn leaves” , “Black crows in me” e “My darkest side” affrontano tematiche intimiste, come l’incomunicabilità persistente persino nei rapporti più intimi o l’enorme potenziale presente in ogni individuo, mentre in brani come “Storyteller” e Poupée de porcelaine” è il rapporto con l’infinito ad emergere con forza, con l’uomo a rappresentare un punto di vista inerme e di dimensioni infinitesimali, quando confrontato all’immensità dello spazio cosmico all’interno del quale si trova ad agire. È da questa dicotomia testuale che deriva la scelta di dividere il disco in due parti ben distinte, l’Inner Side e il Cosmic Side, ognuna delle quali è incentrata su un diverso filone narrativo, alla stregua di un duplice concept.
Parlateci un po’ della scena Underground della vostra zona, è difficile poter suonare nei locali?
Francesco: La parola “difficile” è un eufemismo, per due motivi. Il primo riguarda la scarsità di locali che propongono musica dal vivo, il secondo ha a che fare con la schiacciante predilezione dei gestori per le cover band. Questo può sembrare un discorso paradossale perché alcuni di noi suonano da anni in una cover band, per puro divertimento: a volte però si ha la netta impressione di foraggiare un mercato che è interessato alla pura e semplice colonna sonora di una serata in compagnia, e che respinge la musica originale come qualcosa di inimmaginabile, e davanti alla quale l’esitazione è tanta. Molto peso in vicende simili ha anche la scarsa attenzione per forme alternative di espressione che aleggia nella provincia italiana in generale, e in Basilicata in particolare; ecco perché, sin dai primi tempi, i Wormhole hanno guardato a Bari, la città a noi più vicina, come luogo di presentazione e diffusione della propria proposta musicale. Non è dunque un caso che Valentina, la nostra cantante, venga proprio da lì.
Tuttavia, non tutto è perduto: un plauso va alle tante associazioni che, nella nostra zona, si battono per portare alla luce forme d’arte altrimenti confinate nelle classiche cantine.
Com’è stato il vostro primo live?
Paolo: Ricordo con piacere quella serata nel nostro locale preferito. Per partire scegliemmo di giocare in casa per fare un po' di rodaggio. Eseguimmo un set con qualche cover e alcuni dei nostri primissimi brani, tra cui “Prudence of Sannias” e “Justified negativity will rule”, poi inclusa nell’EP del 2004. All'epoca la nostra scaletta live includeva anche una lunga improvvisazione, poi inserita all’interno di uno dei nostri brani più sperimentali, “My soul roams with the sea”. Anche durante le prove ci divertivamo spesso ad improvvisare per poi estrarre il materiale più interessante per la composizione dei nostri brani.
Cosa ne pensate delle webzine e della diffusione della musica in internet?
Francesco: Ho sempre amato il concetto di fanzine come mezzo di diffusione della musica underground, e anche come specchio dei gusti personali di chi cura live reports, columns e recensioni in prima persona. Certo, il fascino della carta stampata, spesso con mezzi propri e a diffusione parziale, era tutta un’altra cosa. Ma è anche vero che tutto si evolve, e che fortunatamente chi desidera andare oltre i canoni del mainstream ha oggi come oggi a disposizione un mondo intero a portata di click. Ciò vale sia per le webzine che per il concetto di peer to peer su internet, che spesso è l’unico mezzo per condividere musica difficile da reperire seguendo i canali ordinari. Per le band emergenti, si tratta di vera e propria linfa vitale!
Progetti futuri?
Francesco: Suonare dal vivo il più possibile, al fine di promuovere “The String Theory” nella maniera che meglio conosciamo: l’impatto con il palco e con il pubblico. Per il resto, riprendere al più presto la fase compositiva, al fine di esplorare sempre nuove dimensioni musicali.
Ringrazio molto i Wormhole e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni. A risentirci e buona fortuna per i prossimi lavori!
Francesco: prima di tutto, grazie ancora per lo spazio concesso alle nostre parole. Più di esse, siamo convinti che sia la nostra musica a rappresentare il miglior biglietto da visita per una realtà in cui crediamo tanto e che ha rappresentato per anni una sfida portata avanti anche dinanzi alle più disparate difficoltà. Un saluto ai lettori di UndergroundZine, che potranno continuare a seguirci sulle nostre pagine Facebook (www.facebook.com/wormholeband ) e MySpace (www.myspace.com/wormholepostdark ). E ovviamente, ci vediamo sotto il palco!
Paolo: Ciao e grazie per lo spazio. I Wormhole nascono nell'ormai lontano 2003. Il gruppo si è subito impegnato nella composizione di brani propri, producendo successivamente due EP, il primo omonimo del 2004, ed il secondo intitolato "Longing for darkness" del 2007. Da poco abbiamo pubblicato il nostro primo full length dal titolo "The String Theory" con 9 brani inediti. Si tratta di un lavoro che rappresenta pienamente la stratificazione di suoni e suggestioni che il gruppo vuole trasmettere.
Come mai avete scelto questo nome Wormhole?
Paolo: Come mi è già capitato di raccontare, appena formato il gruppo eravamo in cerca di una metafora che potesse rappresentare i nostri diversi stili e influenze musicali che cercavamo di amalgamare. Il suggerimento venne da un nostro amico che ci introdusse a questo concetto affascinante: un passaggio in grado di unire punti del cosmo lontani nello spazio e nel tempo. Era quello che stavamo cercando. Questa idea, diventata il manifesto dell'evoluzione del nostro suono, fu anche di ispirazione per il brano "Wormhole" che, appunto, raccontava di un viaggio disperato verso universi lontani e inesplorati ed il ritorno dopo un'esperienza ai limiti della conoscenza: un tributo a Arthur C. Clarke.
Quali sono le vostre influenze principali? E a quali gruppi?
Paolo: Con questi presupposti è evidente che ognuno di noi porta il proprio bagaglio di idee ed ascolti nei Wormhole. Senza citare i gruppi che mi hanno influenzato, posso dire di muovermi su coordinate molto eterogenee: dal progressive anni '70, all'elettronica, al gothic rock delle origini e più moderno. Senza dimenticare un tocco di punk/hc nostrano…
Avete avuto altre esperienze musicali prima di formare i Wormhole?
Paolo: Sì, certamente. Con Francesco abbiamo suonato per lungo tempo in vari gruppi. L'esperienza più importante è quella con gli Heartfield, con cui abbiamo pubblicato in un arco di tempo che va dal '96 al 2001 due demo tape, un 7" per l'etichetta barese "Cracks in the sidewalk", un live registrato durante il nostro tour del 2000 ed un CD. Il gruppo, anche se attualmente in pausa, ha pronto materiale per un prossimo CD che probabilmente registreremo nel corso di quest'anno.
Qual è stata la reazione della critica di fronte al vostro cd “The string theory”, i riscontri da parte delle redazioni sono stati buoni?
Francesco: La fase promozionale è appena iniziata, e abbiamo già ricevuto i primi riscontri. Per il momento, la critica si è divisa tra un giudizio che descrive la band come derivativa del sound gothic metal internazionale, e un’analisi che riesce ad andare oltre le apparenze e a rilevare le diverse influenze che interessano il sound dei Wormhole. Personalmente, non amo il fatto che il gruppo venga etichettato come gothic metal tout court, poiché tra l’altro le band del genere non costituiscono che una piccola parte del mio personale background, e sono invece molto legato alla definizione da me coniata agli albori della nostra esperienza musicale: post/dark. Un’etichetta che unisce la passione per quanto è “post”, sia nel punk rock che nel metal, con il sapore oscuro ravvisabile in riff di chitarra sabbathiani e in arpeggi che raccolgono l’eredità della tradizione wave e post/punk, sia italiana che internazionale.
Qual è il messaggio che volete dare all’ascoltatore? I testi di cosa trattano?
Francesco: Lungi da considerarci i nuovi profeti di una qualche filosofia universale, è evidente che la scelta testuale prende le mosse dal concetto del rapporto dell’essere umano con il multiverso, e con le varie possibilità presentate dal concetto di dimensioni parallele. Quanto appare bianco a un’estremità del wormhole, si capovolge inesorabilmente e diventa nero sul lato opposto del tunnel dimensionale, e viceversa. Nello specifico, testi come “Autumn leaves” , “Black crows in me” e “My darkest side” affrontano tematiche intimiste, come l’incomunicabilità persistente persino nei rapporti più intimi o l’enorme potenziale presente in ogni individuo, mentre in brani come “Storyteller” e Poupée de porcelaine” è il rapporto con l’infinito ad emergere con forza, con l’uomo a rappresentare un punto di vista inerme e di dimensioni infinitesimali, quando confrontato all’immensità dello spazio cosmico all’interno del quale si trova ad agire. È da questa dicotomia testuale che deriva la scelta di dividere il disco in due parti ben distinte, l’Inner Side e il Cosmic Side, ognuna delle quali è incentrata su un diverso filone narrativo, alla stregua di un duplice concept.
Parlateci un po’ della scena Underground della vostra zona, è difficile poter suonare nei locali?
Francesco: La parola “difficile” è un eufemismo, per due motivi. Il primo riguarda la scarsità di locali che propongono musica dal vivo, il secondo ha a che fare con la schiacciante predilezione dei gestori per le cover band. Questo può sembrare un discorso paradossale perché alcuni di noi suonano da anni in una cover band, per puro divertimento: a volte però si ha la netta impressione di foraggiare un mercato che è interessato alla pura e semplice colonna sonora di una serata in compagnia, e che respinge la musica originale come qualcosa di inimmaginabile, e davanti alla quale l’esitazione è tanta. Molto peso in vicende simili ha anche la scarsa attenzione per forme alternative di espressione che aleggia nella provincia italiana in generale, e in Basilicata in particolare; ecco perché, sin dai primi tempi, i Wormhole hanno guardato a Bari, la città a noi più vicina, come luogo di presentazione e diffusione della propria proposta musicale. Non è dunque un caso che Valentina, la nostra cantante, venga proprio da lì.
Tuttavia, non tutto è perduto: un plauso va alle tante associazioni che, nella nostra zona, si battono per portare alla luce forme d’arte altrimenti confinate nelle classiche cantine.
Com’è stato il vostro primo live?
Paolo: Ricordo con piacere quella serata nel nostro locale preferito. Per partire scegliemmo di giocare in casa per fare un po' di rodaggio. Eseguimmo un set con qualche cover e alcuni dei nostri primissimi brani, tra cui “Prudence of Sannias” e “Justified negativity will rule”, poi inclusa nell’EP del 2004. All'epoca la nostra scaletta live includeva anche una lunga improvvisazione, poi inserita all’interno di uno dei nostri brani più sperimentali, “My soul roams with the sea”. Anche durante le prove ci divertivamo spesso ad improvvisare per poi estrarre il materiale più interessante per la composizione dei nostri brani.
Cosa ne pensate delle webzine e della diffusione della musica in internet?
Francesco: Ho sempre amato il concetto di fanzine come mezzo di diffusione della musica underground, e anche come specchio dei gusti personali di chi cura live reports, columns e recensioni in prima persona. Certo, il fascino della carta stampata, spesso con mezzi propri e a diffusione parziale, era tutta un’altra cosa. Ma è anche vero che tutto si evolve, e che fortunatamente chi desidera andare oltre i canoni del mainstream ha oggi come oggi a disposizione un mondo intero a portata di click. Ciò vale sia per le webzine che per il concetto di peer to peer su internet, che spesso è l’unico mezzo per condividere musica difficile da reperire seguendo i canali ordinari. Per le band emergenti, si tratta di vera e propria linfa vitale!
Progetti futuri?
Francesco: Suonare dal vivo il più possibile, al fine di promuovere “The String Theory” nella maniera che meglio conosciamo: l’impatto con il palco e con il pubblico. Per il resto, riprendere al più presto la fase compositiva, al fine di esplorare sempre nuove dimensioni musicali.
Ringrazio molto i Wormhole e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni. A risentirci e buona fortuna per i prossimi lavori!
Francesco: prima di tutto, grazie ancora per lo spazio concesso alle nostre parole. Più di esse, siamo convinti che sia la nostra musica a rappresentare il miglior biglietto da visita per una realtà in cui crediamo tanto e che ha rappresentato per anni una sfida portata avanti anche dinanzi alle più disparate difficoltà. Un saluto ai lettori di UndergroundZine, che potranno continuare a seguirci sulle nostre pagine Facebook (www.facebook.com/wormholeband ) e MySpace (www.myspace.com/wormholepostdark ). E ovviamente, ci vediamo sotto il palco!