DEAD SUMMER SOCIETY
Visions from a thousand Lives
I Dead Summer Society si presentano al pubblico con questo album fresco di stampa: ma chi sono? Sono un progetto creato da Mist, chitarrista degli How Like A Winter, il quale ha chiesto la collaborazione di Trismegisto dei Teeth And Thorns che su questo CD ha eseguito tutte le parti vocali maschili.
Dalle prime note dell’album si nota che i Dead Summer Society ripercorrono un cammino molto florido nei primi anni 90 presentando un death misto e intriso di sonorità e di atmosfere goth; volendo andare a cercare alcuni gruppi potrei accostarli ai quasi misconosciuti Dismal Euphony, ai nostrani Crown of Autumn (per la combinata inglese e italiano all’interno della stessa traccia e con un rimando anche alle loro sonorità) ed alcuni richiami chitarristici ai primi My dying bride e tengo a sottolineare che non ci sono “contatti” stilistici tra questo progetto ed il gruppo principale di Mist.
La cosa che riesce meglio a Mist è la creazione di un feeling oscuro, decadente, malsano già dall’iniziale intro ”Explicit” ma anche in ”Down On You” nella quale le tastiere giocano una parte fondamentale el’unico neo che trovo è la scelta di alcuni suoni troppo datati e troppo sentiti e risentiti: non che non vada bene presentare un lavoro con rimandi alle origini sia chiaro, ma forse mi aspettavo un minimo di ricerca aggiuntiva per le sonorità delle tastiere. Per le chitarre, come ho già scritto, in più di un’occasione ricordano i My dying bride e anche qui un distacco dai padri non sarebbe stato male nonché, forse, un filo più di cura nella composizione nelle canzoni più lunghe: anche qui tengo a precisare che non c’è mancanza di idee per cui “rifacciamo quello che hanno fatto altri anni fa”, solo si nota un’indecisione nell’osare una risoluzione che vada oltre lo “standard” cosa che, a mio parere, può creare un dubbio nell’ascoltatore poichè le 6 corde non sono così incisive come ci si sarebbe aspettato. Per trovare i punti più alti del cd citerei: “I meet you in heaven and hell”, “Shadow I bear”, “Her white body, from the coldest winter” e “Within your scars” , nelle quali abbiamo la voce femminile (cosa che avverà anche in altre canzoni) che aggiunge e crea un pathos intenso che può toccare l’animo dell’ascoltatore nonchè “last winter I died” che è uno dei tanti camei che Mist inserisce nel platter ricordando molto la stessa scelta che fecero i TiamaT con“wildhoney”.
A livello di registrazione, mixaggio e post produzione i Dead summer society hanno fatto tutto molto bene, nessuna sbavatura di sorta e nemmeno errori di qualsivoglia natura, eventualmente un ulteriore ragionamento da fare su alcune scelte stilistiche, ma quello è un dettato puramente dal gusto non da errori o altro.
Quindi possiamo dire che questo esperimento da solo project è, tutto sommato, riuscito per le canzoni che hanno una durata media mentre abbiamo delle piccole “pecche” a livello di struttura delle canzoni più lunghe. Il disco è interessante e valido ma avrebbe potuto essere migliore se ci fossero stati momenti più “semplici” e meno arzigogolati. Per il futuro auspichiamo che Dead summer society presenti più atmosfere e più oscura passione che non tempi dilatati: di certo se questi sono i presupposti ci troveremo ad un album di gran lunga sopra la media.
VOTO: 75/100
PUBBLICAZIONE RECENSIONE: 26/03/12
GENERE: death gothic
SITO WEB: https://www.facebook.com/pages/Dead-Summer-Society/140007062732886
RECENSORE: Alessandro Schumperlin
Visions from a thousand Lives
I Dead Summer Society si presentano al pubblico con questo album fresco di stampa: ma chi sono? Sono un progetto creato da Mist, chitarrista degli How Like A Winter, il quale ha chiesto la collaborazione di Trismegisto dei Teeth And Thorns che su questo CD ha eseguito tutte le parti vocali maschili.
Dalle prime note dell’album si nota che i Dead Summer Society ripercorrono un cammino molto florido nei primi anni 90 presentando un death misto e intriso di sonorità e di atmosfere goth; volendo andare a cercare alcuni gruppi potrei accostarli ai quasi misconosciuti Dismal Euphony, ai nostrani Crown of Autumn (per la combinata inglese e italiano all’interno della stessa traccia e con un rimando anche alle loro sonorità) ed alcuni richiami chitarristici ai primi My dying bride e tengo a sottolineare che non ci sono “contatti” stilistici tra questo progetto ed il gruppo principale di Mist.
La cosa che riesce meglio a Mist è la creazione di un feeling oscuro, decadente, malsano già dall’iniziale intro ”Explicit” ma anche in ”Down On You” nella quale le tastiere giocano una parte fondamentale el’unico neo che trovo è la scelta di alcuni suoni troppo datati e troppo sentiti e risentiti: non che non vada bene presentare un lavoro con rimandi alle origini sia chiaro, ma forse mi aspettavo un minimo di ricerca aggiuntiva per le sonorità delle tastiere. Per le chitarre, come ho già scritto, in più di un’occasione ricordano i My dying bride e anche qui un distacco dai padri non sarebbe stato male nonché, forse, un filo più di cura nella composizione nelle canzoni più lunghe: anche qui tengo a precisare che non c’è mancanza di idee per cui “rifacciamo quello che hanno fatto altri anni fa”, solo si nota un’indecisione nell’osare una risoluzione che vada oltre lo “standard” cosa che, a mio parere, può creare un dubbio nell’ascoltatore poichè le 6 corde non sono così incisive come ci si sarebbe aspettato. Per trovare i punti più alti del cd citerei: “I meet you in heaven and hell”, “Shadow I bear”, “Her white body, from the coldest winter” e “Within your scars” , nelle quali abbiamo la voce femminile (cosa che avverà anche in altre canzoni) che aggiunge e crea un pathos intenso che può toccare l’animo dell’ascoltatore nonchè “last winter I died” che è uno dei tanti camei che Mist inserisce nel platter ricordando molto la stessa scelta che fecero i TiamaT con“wildhoney”.
A livello di registrazione, mixaggio e post produzione i Dead summer society hanno fatto tutto molto bene, nessuna sbavatura di sorta e nemmeno errori di qualsivoglia natura, eventualmente un ulteriore ragionamento da fare su alcune scelte stilistiche, ma quello è un dettato puramente dal gusto non da errori o altro.
Quindi possiamo dire che questo esperimento da solo project è, tutto sommato, riuscito per le canzoni che hanno una durata media mentre abbiamo delle piccole “pecche” a livello di struttura delle canzoni più lunghe. Il disco è interessante e valido ma avrebbe potuto essere migliore se ci fossero stati momenti più “semplici” e meno arzigogolati. Per il futuro auspichiamo che Dead summer society presenti più atmosfere e più oscura passione che non tempi dilatati: di certo se questi sono i presupposti ci troveremo ad un album di gran lunga sopra la media.
VOTO: 75/100
PUBBLICAZIONE RECENSIONE: 26/03/12
GENERE: death gothic
SITO WEB: https://www.facebook.com/pages/Dead-Summer-Society/140007062732886
RECENSORE: Alessandro Schumperlin