GIUBBONSKY
Storie di non lavoro
Tracklist: Terra Perduta / Non Lavoro / Città Blindata / Rio Preca / Forza Mafia / Flatulente / Gelato in Febbraio / Carpe Diem / Senz’acqua.
«Cantare canzoni di non lavoro, di precarietà, di finte città sicure, di finte lotte a vere mafie, di politici flatulenti... Trasformare la rabbia in creatività e seppellire l'arroganza con ... l'armonia». Questa frase che si trova sulla pagina facebook del solista Giubbonsky potrebbe bastare da sola a sintetizzare il disco Storie di non lavoro. Trasudano storie di un mondo marginale, fatto di opportunismo e di ipocrisia dove si muove il nostro come un deraciné con acute facoltà d’osservazioni. Il microcosmo è Milano, la città italiana che dovrebbe essere la punta rivolta verso la modernità e l’Europa. Ne emerge invece una realtà fatta dell’attualità più spietata e triste: morti sul lavoro, autoritarismo strisciante, mafie e lobby di ogni genere, politicanti corrotti, precariato galoppante, forze dell’ordine accondiscendenti ai boss di turno, repressione imperante e chi più ne ha più ne metta. Come detto, si tratta di un microcosmo ma pare di poter leggere nelle intenzioni di Giubbonsky la possibilità di portare questi contenuti su un piano più ampio, magari a tutta la penisola ma oserei dire addirittura globale. In un mondo così ridotto l’unica risposta sta nella scelta di non partecipare, di non mettersi addosso divise, di non sventolare colori politici ai quattro venti, di non accettare le divisioni e i confini ufficiali. Ma sarebbe un errore forzare le interpretazioni, anche se il messaggio sembra chiaro. Musicalmente la proposta è senza dubbio molto personale seppur certo non originale, riconducibile a un rock popolare e alla musica d’autore italiana di altri tempi: De André, Gaber, Guccini, l’esperienza dei Cantacronache…i riferimenti si sprecano e se ne potrebbero fare molti altri, cito solo i più noti. Si inseriscono qui e là suggestioni di jazz, di blues, di ballate e musiche tradizionali. La musica, come scritto nella frase riportata all’inizio, diventa un mezzo per trasformare l’energia negativa in positiva. Il potere della musica di Giubbonsky sta nel riuscire a conquistare con pezzi semplici e immediati, e al tempo stesso permette di farci riflettere sulla realtà che giornalmente ci passa davanti agli occhi che magari guardiamo, ma non viviamo. Uno stimolo a svegliarsi, ad aprire gli occhi. Notevole da questo punto di vista Gelato in Febbraio che racconta la triste vicenda di Luca Rossi, studente di 20 anni che si trovò a passare per caso nei pressi di una rissa e che fu ucciso da un colpo sparato ad altezza d’uomo da un agente di polizia; così come Non Lavoro, pezzo dove si colgono chiaramente gli influssi di De André; l’opener Terra Perduta e Città Blindata sono altri due pezzi dai contenuti profondi e commoventi. Più ritmate e rock le conclusive Senz’acqua e Carpe Diem, sono forse quelle che incidono in maniera minore, soprattutto la seconda a mio modo di vedere. Storie di non lavoro è un prodotto di qualità sotto ogni aspetto, un tipo di prodotto che ci vorrebbe per smuovere il nostro mercato discografico ma che (purtroppo, ahimè) non arriverà mai così in là: nel music business non c’è posto per cantautori impegnati, per messaggi di libertà connessi alla denuncia di verità così scomode. Non c’è posto per Giubbonsky, insomma. Per quel che vale, nell’undergorund c’è però il verso di scavarsi una nicchia con un lavoro del genere. Mi permetto di chiosare citando uno dei momenti migliori di tutto il disco: «Ed io non ho esercito e non ho frontiera, io non ho patria, io non ho stato, non ho polizia e non ho galera, e la prigione ma l’ha presentata la tua civiltà».
VOTO: 85/100
PUBBLICAZIONE RECENSIONE: 18/05/11
GENERE: alternativo/indie
SITO WEB: www.myspace.com/giubbonsky
RECENSORE: doc.NEMO
Storie di non lavoro
Tracklist: Terra Perduta / Non Lavoro / Città Blindata / Rio Preca / Forza Mafia / Flatulente / Gelato in Febbraio / Carpe Diem / Senz’acqua.
«Cantare canzoni di non lavoro, di precarietà, di finte città sicure, di finte lotte a vere mafie, di politici flatulenti... Trasformare la rabbia in creatività e seppellire l'arroganza con ... l'armonia». Questa frase che si trova sulla pagina facebook del solista Giubbonsky potrebbe bastare da sola a sintetizzare il disco Storie di non lavoro. Trasudano storie di un mondo marginale, fatto di opportunismo e di ipocrisia dove si muove il nostro come un deraciné con acute facoltà d’osservazioni. Il microcosmo è Milano, la città italiana che dovrebbe essere la punta rivolta verso la modernità e l’Europa. Ne emerge invece una realtà fatta dell’attualità più spietata e triste: morti sul lavoro, autoritarismo strisciante, mafie e lobby di ogni genere, politicanti corrotti, precariato galoppante, forze dell’ordine accondiscendenti ai boss di turno, repressione imperante e chi più ne ha più ne metta. Come detto, si tratta di un microcosmo ma pare di poter leggere nelle intenzioni di Giubbonsky la possibilità di portare questi contenuti su un piano più ampio, magari a tutta la penisola ma oserei dire addirittura globale. In un mondo così ridotto l’unica risposta sta nella scelta di non partecipare, di non mettersi addosso divise, di non sventolare colori politici ai quattro venti, di non accettare le divisioni e i confini ufficiali. Ma sarebbe un errore forzare le interpretazioni, anche se il messaggio sembra chiaro. Musicalmente la proposta è senza dubbio molto personale seppur certo non originale, riconducibile a un rock popolare e alla musica d’autore italiana di altri tempi: De André, Gaber, Guccini, l’esperienza dei Cantacronache…i riferimenti si sprecano e se ne potrebbero fare molti altri, cito solo i più noti. Si inseriscono qui e là suggestioni di jazz, di blues, di ballate e musiche tradizionali. La musica, come scritto nella frase riportata all’inizio, diventa un mezzo per trasformare l’energia negativa in positiva. Il potere della musica di Giubbonsky sta nel riuscire a conquistare con pezzi semplici e immediati, e al tempo stesso permette di farci riflettere sulla realtà che giornalmente ci passa davanti agli occhi che magari guardiamo, ma non viviamo. Uno stimolo a svegliarsi, ad aprire gli occhi. Notevole da questo punto di vista Gelato in Febbraio che racconta la triste vicenda di Luca Rossi, studente di 20 anni che si trovò a passare per caso nei pressi di una rissa e che fu ucciso da un colpo sparato ad altezza d’uomo da un agente di polizia; così come Non Lavoro, pezzo dove si colgono chiaramente gli influssi di De André; l’opener Terra Perduta e Città Blindata sono altri due pezzi dai contenuti profondi e commoventi. Più ritmate e rock le conclusive Senz’acqua e Carpe Diem, sono forse quelle che incidono in maniera minore, soprattutto la seconda a mio modo di vedere. Storie di non lavoro è un prodotto di qualità sotto ogni aspetto, un tipo di prodotto che ci vorrebbe per smuovere il nostro mercato discografico ma che (purtroppo, ahimè) non arriverà mai così in là: nel music business non c’è posto per cantautori impegnati, per messaggi di libertà connessi alla denuncia di verità così scomode. Non c’è posto per Giubbonsky, insomma. Per quel che vale, nell’undergorund c’è però il verso di scavarsi una nicchia con un lavoro del genere. Mi permetto di chiosare citando uno dei momenti migliori di tutto il disco: «Ed io non ho esercito e non ho frontiera, io non ho patria, io non ho stato, non ho polizia e non ho galera, e la prigione ma l’ha presentata la tua civiltà».
VOTO: 85/100
PUBBLICAZIONE RECENSIONE: 18/05/11
GENERE: alternativo/indie
SITO WEB: www.myspace.com/giubbonsky
RECENSORE: doc.NEMO
This is your new blog post. Click here and start typing, or drag in elements from the top bar.